di Simone Cecchini*, rider
In occasione dello sciopero nazionale indetto dai rider per il 26 marzo, pubblichiamo la lettera di Simone Cecchini, scrittore e ciclo-fattorino palermitano.
«Io sono un rider, porto il cibo in qualsiasi condizione: sotto la pioggia battente, con 40 gradi sotto il sole, con il vento forte che mi sposta la moto a tal punto da ritrovarmi nella corsia opposta. E anche con la pandemia.
Io sono un rider, mi muovo per la cittá rischiando ogni giorno la vita, perché a Palermo non c’è una strada che sia in buone condizioni. Io sono un rider ed ogni qual volta che vado a lavorare i miei polmoni si riempiono di smog.
La mia azienda non mi fornisce nessuna attrezzatura che possa permettermi di lavorare in sicurezza, io pago la benzina e qualsiasi problema abbia il mio mezzo, biclicletta o auto che sia.
Io pago il vestiario per affrontare l’inverno, ho pagato anche lo zaino che mi permette di portare il vostro cibo. Io sono un rider e faccio questo lavoro per necessitá e non perchè era il sogno della mia vita.
Tutto quello che sto dicendo non ha il fine di impietosire, non abbiamo bisogno di pietà, nè di forme di elemosina: desideriamo soltanto essere trattati come degli esseri umani e non come degli schiavi senza diritti e tutele.
Io sono un rider come tanti miei colleghi e grazie a noi le multinazionali del delivery si sono arricchite, ma nonostante questo continuano a negarci le tutele economico e di salute, lasciandoci senza un contratto degno di questo nome. Pretendono di trattarci come liberi professionisti e non come loro dipendenti, cosa che siamo a tutti gli effetti.
Anche la magistratura ci ha dato ragione, riconoscendo il rapporto di lavoro subordinato a tempo pieno e indeterminato per un ciclo-fattorino addetto alla consegna a domicilio di cibo. Il recente contratto farlocco fatto con il sindacato UIL non rappresenta i rider e non ci tutela minimamente. Il governo, dopo aver mostrato inizialmente interesse ed essersi limitato ad elogi e promesse, ha completamente abbandonato la nostra causa, lasciandoci in balia di un contratto fasullo. Adesso siamo stanchi e chiediamo un intervento immediato da parte del governo».
«Io sono un rider, ma prima di tutto sono un essere umano».
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