di Francesco Cecchini
Il 2 settembre un raid delle forze paraguaiane contro i ribelli dell'Ejército del pueblo paraguayo uccideva due 11enni argentine. Per tutta risposta i guerriglieri hanno rapito l'ex vicepresidente Óscar Denis, chiedendo un riscatto milionario in cibo per le comunità rurali e la liberazione di due ribelli detenuti. A due mesi dalle richieste, le figlie di Denis chiedono prove sulla sua esistenza. Accusando il governo. Manifestazioni anche per le due bimbe uccise
«Il Paraguay è sempre stato poco meno di una terra sconosciuta: un'isola circondata da terra nel cuore del continente… Il Paraguay come nazione e come popolo è uno dei paesi in America che ha sofferto un grande peso di peripezie e vicissitudini».
Lo scrittore Augusto Roa Bastos, con questa metafora, sintetizzò la realtà non solo geografica, ma anche sociale, politica ed economica del Paraguay.
Una vicissitudine paraguayana, di quelle di cui parla lo scrittore Roa Bastos, riguarda il recente sequestro dell'ex vicepresidente Óscar Denis e l'assassinio di due bambine.
Chi è Óscar Denis
Amancio Óscar Denis Sánchez, 74 anni, è un chimico industriale e politico in pensione, originario del dipartimento di Concepción, dove attualmente risiede, nel distretto di Yby Yaú, nel suo allevamento di bestiame chiamato 'Tranquerita'. È del Partito Liberale Radicale Autentico (Plra) ed è stato deputato tra il 1998 e il 2003, poi senatore tra il 2003 e il 2008 e dal 2008 al 2013. È stato anche governatore del dipartimento di Concepción tra il 1993 e il 1998.
Il 28 giugno 2012 ha assunto la carica di vicepresidente al fianco di Federico Franco, subentrato alla presidenza della Repubblica in sostituzione di Fernando Lugo, destituito durante la crisi politica causata dal massacro di Curuguaty organizzato dallo stronismo, ovvero il sistema di potere derivato dalla longeva dittatura di Alfredo 'El Rubio' Stroessner.
La vicenda: il sequestro dell'ex vicepresidente
Óscar Denis è stato sequestrato lo scorso 9 settembre nella sua proprietà 'La Tranquerita' dall'Epp, Ejército del Pueblo Paraguayo. Per liberarlo, il gruppo guerrigliero ha chiesto alla famiglia di Óscar Denis di distribuire provviste a 40 comunità per un valore totale di due milioni di dollari, ovvero 50mila dollari a ciascuna comunità: il tutto - era la richiesta dei guerriglieri - con i sacchetti di cibo con la frase 'cortesia dell'Epp' e il logo del gruppo guerrigliero stampati. E con la copertura della distribuzione di cibo alle 40 comunità beneficiarie da parte della stampa.
Tra le altre richieste dell'Epp per rilasciare l'ex vicepresidente, come ha informato la famiglia, una distribuzione tempestiva: otto giorni, pena l'uccisione del sequestrato. Inoltre il gruppo aveva chiesto la liberazione da parte del governo dei guerriglieri in carcere Carmen Villalba e Alcides Oviedo Brítez. In meno di 72 ore.
Subito dopo la minaccia, i parenti dell'ex vicepresidente hanno distribuito cibo a una comunità rurale del nord, che però ha rifiutato di ricevere alimenti. E sembra che non vi siano stati altri tentativi da parte dei famigliari di Óscar Denis.
Carmen Villalba e Alcides Oviedo Brítez non sono stati liberati. Ma Óscar Denis non è stato trovato senza vita, come i sequestratori avevano promesso.
Il 14 ottobre il procuratore Federico Delfino ha informato ufficialmente dell'arresto di sei persone responsabili del sequestro, con grande risalto sui media. Nei giorni successivi però la bolla mediatica si è sgonfiata e non ha lasciato informazioni credibili su dove sia Óscar Denis e se sia vivo o morto.
La famiglia di Óscar Denis esprime in continuazione preoccupazione per la mancanza di notizie e per il suo stato di salute e chiede che i sequestratori comunichino qualsiasi sia il canale da loro scelto.
La conferenza delle figlie. Che accusano il governo
A sessanta giorni dal rapimento le figlie hanno tenuto una conferenza stampa.
Beatriz Denis, figlia del rapito e portavoce, ha detto: «Sono stati 60 giorni senza Óscar, 60 giorni senza nostro padre e il governo finora ha zero risultati: questo deve cambiare, non può continuare così». Un forte atto d'accusa contro il governo.
Comunque in Paraguay l'opinione pubblica è convinta che Óscar Denis sia stato ucciso ed è per questo che Epp non parla più.
La manifestazione per Lilian Mariana e María Carmen
Lunedì 2 novembre sono passati due mesi dall'assassinio di Lilian Mariana e María Carmen Villalba, entrambe di 11 anni e di nazionalità argentina, per mano della Joint Task Force del governo paraguaiano, in un'operazione effettuata il 2 settembre a Yby Yaú contro l'Epp.
In questa occasione si è svolta una marcia a Posadas da Plaza 9 de Julio de Posadas alla sede del consolato paraguaiano per chiedere giustizia, in quanto il Paraguay cerca la totale impunità ed evita di rispondere all'ONU che gli ha richiesto di chiarire l'assassinio delle due bambine.
La madre di Lilian, Miriam Villalba, ha dichiarato: «Ci stiamo nuovamente mobilitando per la giustizia per Lilian e María, oggi sono due mesi dalla crudele tortura e dall'esecuzione di mia figlia e mia nipote. Per quanto riguarda il caso, non è stato avanzato assolutamente nulla, è stata rilasciata una cartella del pubblico ministero presso l'ufficio del procuratore per i diritti umani in Paraguay. Ma lo Stato e il sistema giudiziario paraguaiano, oltre a non indagare affatto, non consentono alla famiglia l'accesso a quel fascicolo».
Lo Stato del Paraguay non riconosce i familiari come vittime, secondo Miriam e sua sorella Rosa Villalba, che l'accompagna in questa crociata. «Stanno cercando dappertutto l'impunità per tutti gli autori morali e materiali di questo omicidio, non ci sono accusati o detenuti per questo crimine. Tutto questo è guidato dallo stesso presidente del Paraguay, Mario Abdo Benítez, ed è per questo che non abbiamo altra scelta che chiedere giustizia da tutti gli angoli accompagnati da movimenti sociali e per i diritti umani», ha accusato la madre di Lilian.
«Quanto hanno sofferto le nostre ragazze? Non possiamo andare a chiedere giustizia ai giudici, quindi ciò che ci resta è chiedere e continuare a combattere, denunciando davanti al popolo e alla comunità internazionale. Vogliamo giustizia per Lilian e María e rifugio politico per i nostri figli», ha affermato Rosa Villalba sottolineando il sostegno che hanno ricevuto da associazioni per i diritti umani, avvocati e dallo stesso Stato argentino. «Quello che stanno cercando è l'impunità, ostacolando l'intera indagine. Lo stato del Paraguay ha detto alle Nazioni Unite che le famiglie sono responsabili della morte delle ragazze. Hanno torturato e giustiziato le nostre ragazze e le famiglie sono responsabili», ha denunciato Miriam Villalba.
Miriam e Rosa Villalba hanno consegnato una nota al consolato paraguaiano a Posadas. Chiedendo che smettano di ostacolare e permettano alla squadra antropologica forense dell'Argentina di entrare in modo che possa avviare un'indagine parallela. Hanno anche chiesto la fine delle pressioni, minacce e persecuzioni alle famiglie delle ragazze che vivono sul suolo argentino.
La mobilitazione fa parte di una campagna - 'Eran niñas' ('Erano bambine') - in Argentina e anche in Paraguay che ha come scopo la verità sull'assassinio delle due bambine e il risarcimento ai famigliari.
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