di Riccardo Ravegnani
Simon Bolivar, “El Libertador” venezuelano, ha segnato con le sue gesta la storia di un intero territorio. Eroe dell'indipendenza dei paesi sudamericani da Spagna e Portogallo, pensatore di formazione illuminista e rivoluzionaria, fervente antischiavista. Con un sogno irrealizzato: l'unione delle repubbliche liberate dell'America Latina. Per questo, il 22 giugno 1826, convocò il Congresso di Panama
Chi era Simon Bolivar, El Libertador
Simón José Antonio de la Santísima Trinidad Bolívar y Palacios de Aguirre nacque a Caracas il 24 luglio 1783 da una ricca famiglia di origine spagnola.
Nacque in uno Stato che non esisteva – il Venezuela nel 1783 non era altro che un distretto amministrativo della Spagna coloniale creato solo 7 anni prima – e morì lasciando non solo uno Stato indipendente, ma la prospettiva di un’unità che inglobasse i singoli paesi dell’America Latina. In mezzo tante contraddizioni, tante gloriose vittorie e tante sonore sconfitte.
Si formò in Europa con il mito dell’illuminismo, delle rivoluzioni americana e francese, dell’ascesa di Napoleone Bonaparte.
Proprio quest’ultimo, con l’invasione della Spagna e la destituzione del re nel 1808, funse da involontario slancio al movimento indipendentista venezuelano.
Il 19 aprile 1810 il popolo di Caracas dichiarò l'indipendenza provvisoria dalla Spagna, il che significava autogoverno guidato dai creoli (bianchi nati nelle colonie) ma fedeltà nominale al re Ferdinando fino al suo ritorno al trono.
Bolivar respinse questa indipendenza “parziale” e partì per l’Europa in cerca di alleanze, in particolare con la Gran Bretagna: seppur molto giovane, riuscì già a imporsi nel processo indipendentista contribuendo alla nascita della Prima Repubblica venezuelana avvenuta il 5 luglio 1811. Caracas fu la prima città a eleggere una Giunta che rifiutò l’autorità del Consiglio di reggenza spagnolo, ma il movimento non riuscì a estendersi ad altre città perché la Costituzione privilegiava i creoli, una minoranza della popolazione, non cercando mai l’appoggio degli indios e dei meticci.
Ed ecco poi l’arrivo delle avversità, una costante nella vita del Libertador. Nel 1812 un terremoto devastò le città liberate del Venezuela uccidendo quasi 20.000 persone. Il capitano realista Domingo Monteverde approfittò della “punizione divina” per radunare le forze spagnole e conquistò importanti porti facendo cadere la Prima Repubblica. Gli spagnoli riacquistarono il controllo del Venezuela. Bolivar fu sconfitto e andò per la prima volta in esilio.
Ripartì creando un nuovo movimento per l’indipendenza, rientrò vittorioso a Caracas instaurando la Seconda Repubblica venezuelana. La sua fama di Libertador era ormai universalmente riconosciuta. Fatta la Repubblica, il problema era nuovamente quello di mantenerla data la superiorità militare della Spagna. Anche in questo caso il prepotente ritorno dell’esercito spagnolo comandato da Jose Tomas Boves fu fatale.
Altro esilio. Ad Haiti – da pochi anni indipendente dalla Francia – conobbe il presidente Alexandre Pétion e da quel momento divenne un fervente sostenitore della lotta alla schiavitù. Schiavitù che abolì in tutti i territori liberati. Da Haiti la sua lotta riprese vigore: tornò trionfalmente in Venezuela e ricevette il titolo di presidente della Terza Repubblica venezuelana. Poi liberò la Nuova Granada (attuali Venezuela, Colombia ed Ecuador), l'Ecuador e l'Alta Perù (che in suo onore divenne Bolivia).
Tutto il Sudamerica era libero dal dominio spagnolo e portoghese.
L’opera di Bolìvar non era ancora conclusa: da sempre infatti aveva sognato l’indipendenza dei paesi latinoamericani accompagnata da una loro modernizzazione da un punto di vista socio-politico. Con questo obiettivo convocò il Congresso di Panama.
Il Congresso di Panama
Il 22 giugno 1826 El Libertador convocò a Panama City tutti gli stati latinoamericani liberati per creare un fronte comune. L’urgenza era dovuta a una serie di fattori. innanzitutto al clima di restaurazione che coinvolgeva le grandi potenze europee e che costringeva le neonate repubbliche latino-americane a proteggere la tanto agognata e faticosamente conquistata libertà. In secondo luogo a un’ambizione molto più grande e che per certi versi voleva ricalcare lo sviluppo che il Nord America aveva registrato nei decenni precedenti: Bolivar non era interessato solo a un’alleanza politica, ma a una vera e propria cooperazione e solidarietà continentale.
Parteciparono al Congresso – che prese il nome di anfizionista in omaggio alla Lega Anfizionica dell'Antica Grecia – la Gran Colombia (oggi Colombia, Ecuador, Panama e Venezuela), il Perú, la Repubblica Federale del Centro America (già oggi Guatemala, El Salvador, Honduras, Nicaragua e Costa Rica) e il Messico.
Non inviarono delegati Brasile, Paraguay, Cile e Province Unite del Río de la Plata (oggi Argentina e Uruguay), timorosi dell’ascesa politica di Bolivar.
Quali erano gli obiettivi del Congresso?
1. Costituire una grande confederazione continentale composta da tutte le nazioni americane con il fine di mantenere la pace tra gli Stati membri e tra loro e le altre nazioni del mondo. 2. Difendere la sovranità e indipendenza politica e l’integrità territoriale degli Stati membri. 3. Stabilire come organo principale della confederazione “un’assemblea generale” che garantisse la pace tra gli Stati Membri.
4. Stabilire la cittadinanza continentale a favore dei cittadini degli Stati confederati. 5. Diritto per tutti gli Stati americani non firmatari originali del trattato d’incorporarsi nella confederazione, sempre accettando integralmente il patto confederale e senza doversi sottomettere ad altre condizioni per la sua ammissione. 6. Abolizione completa della schiavitù nel Nuovo Mondo. 7. Un esercito di terra e mare composto da contingenti per ogni Stato confederato che fosse a disposizione della Confederazione per rendere effettive le stipulazioni del trattato.
Cosa ci ha lasciato il Congresso di Panama?
A livello pratico e immediato, ben poco. L’azione centralizzante di Simon Bolivar si è scontrata con i dissidi interni tra i vari paesi latinoamericani e un rigido sistema di caste, tanto che il documento fu ratificato solo dalla Gran Colombia.
A livello storico e politico, moltissimo. Bolivar ha lasciato un progetto e un modo di pensare socialista, antischiavista e cooperativo – il bolivarismo – che è anche un modo di leggere la storia e l’attualità dell’America Latina: avrebbe voluto che tutti i paesi latinoamericani, una volta resisi indipendenti, si coordinassero fra loro a costituire una vera forza nel panorama politico internazionale.
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